Coordinamento Luca Pazzaglia (Coop. Labirinto - Pesaro)Le riflessioni di questa breve presentazione del Workshop Musica e Arti, sono partite da questa semplice e provocatoria domanda: perchè occuparsi di Arte, le persone con disabilità non hanno bisogni ben più urgenti?
Questa domanda ci consente di mettere a fuoco due tensioni evolutive coesistenti e contrapposte.
Oggi abbiamo esperienze fortemente radicate nel territorio e nel tessuto sociale che si occupano di inclusione e di valore sociale. Quelle che Immaginabili Risorse cerca di far incontrare.
Ma parallelamente, vediamo una tendenza organizzativa presente nella società moderna in generale, ma particolarmente visibile e impattante nei servizi dedicati alle persone con disabilità. Ci riferiamo alla "iper"specializzazione e alla conseguente parcellizzazione dello sguardo.
La specializzazione dei servizi, certamente consente di far progredire la conoscenza di specifici settori e ambiti di sapere, però ci espone al pericolo di perdere di vista l'uomo nella sua interezza. Rischiamo di vedere la persona con disabilità solo per le sue difficoltà e per il suo deficit, quindi di occuparci solo di questi elementi perdendo di vista le risorse, le possibilità e tutti gli altri aspetti che ne determinano l'identità.
Avere dei "micro-scopi" sugli occhiali certamente ci fa acquisire profondità di sguardo, ma chiude l'orizzonte e non ci fa cogliere l'ampiezza del contesto e la globalità dell'individuo.
Ciò modifica oltre allo sguardo, il linguaggio e la capacità di comunicazione con chi non condivide la medesima specializzazione. Aumentiamo il numero delle informazioni e riduciamo la capacità di connetterle tra di loro.
Per trasformare le informazioni in conoscenza, dobbiamo includere nei progetti e servizi la Vita, dobbiamo contaminare il linguaggio e lo sguardo specialistico con altri linguaggi, esperienze e angolazioni. Dobbiamo trasformare "i casi di cui ci occupiamo", in soggetti con cui entriamo in relazione e ai quali consentiamo di incidere nella comunicazione creando significati condivisi in cui possano "abitare".
"Le parole sono tutto ciò che abbiamo,
perciò è meglio che siano quelle giuste."
Raymond Carver
Quando il malato, il disabile, la categoria, la generalizzazione lasciano lo spazio alla Vita, dobbiamo fare i conti con i desideri, i progetti, i fallimenti, le relazioni. La Vita osservata può essere divisa in categorie e segmentata, ma quella vissuta reclama il diritto alla complessità e alla sua indivisibilità. Se ci relazioniamo con le persone e non solo con la disabilità, non possiamo che assumere una prospettiva sociale dove ognuno è chiamato in causa e non solo gli specialisti.
Ma veniamo alle arti.
Fin dalla Preistoria, dove certo i bisogni primari non erano al sicuro, si sentiva il bisogno di produrre Arte. L'Arte è un mezzo con cui soddisfare dei Bisogni connaturati, non nella fisiologia, ma nella nostra essenza umana. Fin dall'inizio del nostro "percorso di umanizzazione" abbiamo sentito l'esigenza di raccontare per conoscere il mondo e noi stessi, di immaginare e propiziare il futuro e il cambiamento, di produrre significato.
Quando riusciamo a raccontare una nostra esperienza soggettiva attraverso una forma espressiva artistica, stiamo raccontando anche della nostra umanità. E' per questo che l'Arte, anche se viene da lontano o racconta storie molto diverse dalle nostre può riuscire a risuonarci dentro e darci la sensazione che parli anche di noi. Questo processo crea immedesimazione e vicinanza che non si basano sugli aspetti superficiali ma su quelli più profondi e veri.
In-medesima-situazione, quella umana.
Questo può creare i presupposti per una vicinanza e reale comunicazione in grado di superare i limiti linguistici e le differenze.
Ma intendiamoci, qui non si sta parlando di Arte intesa come prodotto artistico e capacità di performance.
Per dare all'Arte tutto il suo potenziale di inclusione e "connessione", è fondamentale il percorso ed il processo che porta al "prodotto finale". Questi devono riuscire ad aumentare la capacità di espressione e racconto di ognuno, devono attingere alla multimedialità umana, che ci consente di capire un'esperienza o di intuirla o di esservi immersi dentro per sentirla. Ciascuno la può cogliere con le proprie capacità in molti modi differenti.
Quando siamo costretti a fare i conti con i limiti, con i vincoli, siamo costretti a stimolare l'immaginazione e l'inventiva.
I più disparati contributi, quando vengono armonizzati dentro un buon progetto educativoartistico, possono trovare spazio di senso espressivo: il triangolo, un grido, un minimo segno, possono trovare significato e possibilità espressiva.
"Il mondo è un bel libro,
ma poco serve a chi non lo sa leggere."
Carlo Goldoni
Pasolini definiva la poesia come l'"Inespresso esistente", in questa accezione fare poesia (po-e-sì-a poíēsis, fare, produrre) è la capacità di dare voce e forma, rendendo esprimibile, a ciò che esiste ma ancora non abbiamo compreso totalmente. Consente di cambiare noi stessi e il mondo in cui abitiamo.
Per tornare alla domanda con cui abbiamo aperto la nostra riflessione, potremmo dire che se vogliamo tendere ad una reale Inclusione (non solo delle persone con disabilità): "l'arte è un mezzo indispensabile di questa fusione del singolo con la totalità, della sua infinita socializzazione, della sua partecipazione alle esperienze e alle idee di tutto il genere umano" [Ernest Fischer. L'arte è necessaria? Pg 11. Editori Riuniti]
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